>>12230In Giappone, la commistione tra sacro, folklore e intrattenimento è più fluida. Le credenze animiste dello Shintoismo hanno permesso una continuità narrativa tra il passato e il presente.
Il folklore italiano è ricco ma localizzato (es. lupi mannari in Abruzzo, folletti in Sardegna, streghe in Piemonte…). Non esiste un "pantheon nazionale" come quello degli yōkai, che sono invece noti in tutto il Giappone.
Molte creature italiane e occidentali del folklore sono state assimilate a figure diaboliche o demonizzate con l'avvento del cristianesimo, rendendole meno adatte alla "cultura pop” più legate all’orrore o alla superstizione.
Le leggende popolari italiane non sono più raccontate ai bambini. In Giappone, invece, gli yōkai sono entrati nei libri scolastici, nei cartoni e nei videogiochi. Da noi si è perso il filo.
In Giappone c’è una forte industria dell’intrattenimento che sa valorizzare anche elementi folklorici e renderli vendibili. In Italia, la cultura pop è stata storicamente più debole, più legata alla commedia o al dramma.
I giapponesi sono riusciti a trasformare gli yōkai in cultura pop perché Hanno una forte tradizione narrativa condivisa.
La religione ha integrato (non demonizzato) il soprannaturale. Hanno creato prodotti multimediali a partire da quei miti.
Noi, in Italia, possiamo ancora farlo: serve una nuova narrazione, una visione artistica, e un investimento culturale che metta il folklore al centro della creatività contemporanea.